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Il Passaggio (capitoli 16 e 17)


di Federossetta
03.12.2018    |    5.126    |    3 8.6
"Tra un mio ansimare a l’altro mi dava da assaporare del mio sborro..."
Capitolo 16: Femminilità
Quando ebbe finito, salì a gattoni sul letto e sorridendo mi mormorò parole che non capii ma che dal tono sembravano molto dolci. Mentre mi parlava cercavo di rubargli dei baci che però risultavano fugaci e troppo frettolosi. Infatti ormai i preliminari erano compiuti e il suo scopo era cambiato. Scese con la lingua lungo il mio collo per soffermarsi sulle mie tette che mordicchiò amorevolmente. Poi mi baciò la pancia piatta, il mio cazzo in una timida erezione, fino a raggiungere l’ano. Con forza mi tirò a sé e mi allargò le gambe. In meno che non si dica aveva già affondato la faccia tra le mie natiche e la sua lingua stava già esplorando ogni scomparto del mio umido buchino. Le sue mani non restarono indaffarate: con una cercava la mia tetta stringendola forte, con l’altra andava su e giù timidamente lungo il mio cazzo. Il piacere mi aveva avvolto. Mi aggrappai ai suoi capelli con forza e unii una mano a quella che già mi palpava, seguendone i movimenti. Poi raggiunsi il culmine del piacere e uscì un urlo acuto dalla mia bocca proprio quando bagnai la mano del mio amore di un liquido bianco e denso.
Con mio stupore lui non se ne curò più di tanto e continuò il suo lavoro. Tra un mio ansimare a l’altro mi dava da assaporare del mio sborro. Quando capì che la mia voglia era tornata, finalmente si alzò e mi tirò sul ciglio del letto. Allora chiusi gli occhi per sentire il suo cazzo accarezzarmi il culo e infine l’entrata del mio ano. Poi quel membro dalle dimensioni familiari, mi penetrò per tutta la sua lunghezza. Al primo impatto mi uscirono alcune lacrime, Andrea era entrato fino alla base dei suoi 20 cm circa e le sue inculate mi toglievano quasi il fiato. Dopo un po’di tempo però riuscii a prendere il ritmo. Intervallando con urla di piacere ogni volta che lui allentava la presa, per poi trattenere il fiato quando sentivo la punta della sua asta toccarmi quasi le viscere. Ad un certo punto, probabilmente stanco, cambiò posizione quindi io lo seguii obbediente. Ormai il suo cazzo era diventato come una droga per me, e nonostante provassi anche dolore ad ogni sua inculata, non potevo farne a meno. Il mio uomo si coricò sul letto aspettando una mia reazione. Io mi misi in piedi e umidificai con la saliva il mio buchino, trovandolo rosso. Poi gattonai sul letto fino a lui. Presa da una voracità a me strana lo baciai sui suoi grossi pettorali per scendere lungo la linea della tartaruga e arrivare al cazzo eretto. In erezione era leggermente curvato all’insù, ne avevo già visti così è devo dire che mi sono sempre piaciuti per come si prestano bene all’atto sessuale. Come uno scalatore sale una montagna, io raggiunsi così la cappella di Andrea, in una salita che sembrava non avere fine. Poi lo ingoiai e rimasi in quella posizione per un po’, unici rumori i nostri ansimi e il tintinnio dei miei ciondoli. Sentendoli, Andrea si risvegliò dal torpore, agganciandoli con le mani e tirandomi così a sé. Di nuovo le nostre bocche si incontrarono in un saluto silenzioso e quando si lasciarono io ero seduta su di lui.
Ormai la mia coda si stava allentando, allora la slegai del tutto rimettendomi l'elastico al polso e lasciando ricadere i lunghi capelli mossi sulle spalle. Con la mano destra cercai il suo membro e lo strinsi forte. Poi lo portai in corrispondenza del mio buco e non appena lo trovai mi sedetti sopra. Siccome in quella posizione toccava a me dettare il ritmo, cominciai a saltellare da seduta sul suo cazzo, man mano che il tempo passava io andavo sempre più forte. Il mio uomo sembrava non avesse limiti. Sospettavo avesse già sborrato uscito dalla doccia, perché avevo sentito il suo cazzo leggermente dolciastro al primo assaggio, eppure ora sembrava avere ancora più desiderio. Mentre molleggiato sul letto le mie tette ballavano su e giù ad ogni colpo, finché non mi piegai sulla faccia di Andrea, così lui iniziò a mordicchiare e baciarle. Nel mentre iniziai un lungo succhiotto sul suo collo per concentrarmi di meno sulla fatica che facevo.
Dopo poco mi fermai io. Ero sfinita e sudavo, i miei capelli erano persino marci. Però siccome lui non aveva finito con me, mi mise delicatamente a pecorina, le braccia che si tenevano sul pezzo in legno del letto a baldacchino, mentre lui da dietro mi penetrava senza che lo vedessi. Fui quindi trapanata alla cieca, alcune volte Andrea si dava la carica, sculacciando le mie natiche che rispondevano con un rumore schioccante.
E così quando si fermò capii che aveva raggiunto il culmine. Stravolta però, mi coricai sul letto a testa in su anziché andare da lui. Andrea allora si sfilò il preservativo (che aveva già cambiato più volte durante il rapporto) e si sedette sulla mia pancia, alla base del seno. Infilando il cazzo tra le mie tette, lo vedevo uscire ogni qual volta muoveva il bacino verso di me. Non ci volle tanto affinché mi sborrasse in bocca. Accolsi con amore il suo caldo seme, che non ingoiai tutto. Il resto me lo spalmai su tutto il corpo, poi ci coricammo l’uno vicino all'altra e giacemmo abbracciati.
Solo poi durante la notte mi alzai per entrare di nuovo nuda nella doccia, e sotto il rumore e il tepore dell’acqua scrosciante, lasciai vagare il mio pensiero felice verso placidi e spaziosi paesaggi.

Capitolo 17: Amicizie
La mattina mi alzai con calma, stropicciai sono gli occhi accorgendomi pian pianino di essere crollata addormentata senza nulla addosso la notte precedente. Sorniona, mi tirai le coperte fino al collo e sbadigliai profondamente. Ero sola nel letto gigante al centro della stanza di Andrea. Per nulla preoccupata di dove fosse andato, piegai la testa di lato e fui inondata da una luce bianca proveniente dalla finestra. Le tende erano tirate e si vedeva perfettamente la terrazza, oltre la quale una lontana siepe mi separava da un’ancora più lontana città. “Andre...” chiamai con foce flebile. Nessuno mi rispose. Allora mi sedetti sul letto, esponendo la mia pelle nuda alla luce ristoratrice del sole. Quando mi alzai ero ricaricata come una batteria che necessitava solamente dei raggi del sole per ripartire. Posai le mani sui fianchi e ispezionai la mia parte di armadio per trovare i vestiti adatti. Scelsi un reggiseno che avevo già provato ed avevo trovato molto comodo, leggermente imbottito. Poi le mutandine bianche in cotone che si abbinavano ad esso ed infine una canotta attillata nero pece. Da un cofanetto infine estrassi i miei due ciondoli “di fiducia” che mi agganciai al collo con grande cura. Mi legai ancora i capelli dietro la schiena, tenendomi un elastico da parte al polso, insieme ad un braccialetto in argento.
Scesi tranquilla le scale e in cucina trovai ad aspettarmi il pranzo pronto. Un biglietto mi avvisava che il mio uomo si era svegliato presto per andare a lavoro e che sarebbe tornato la sera. Si aspettava che facessi qualcosa per la ditta e dei lavori in casa in qualità di donna delle pulizie. Lavorare da casa era più bello però mancavano le caratteristiche chiacchierate che avevo tanto sentito parlare, insomma la vita d’ufficio. Visto che però Andrea mi aveva chiesto di stare semplicemente a casa, e che ascoltandolo avrei guadagnato tantissimo, c’era da dire che la cosa non era per niente inconveniente. Bastava poi dargli il mio culo ogni sera e io sarei diventata ricca in pochissimo tempo. Non che non mi interessava essere tutta per lui, però a parole risultava tutto tanto semplice. Mancavano solo delle amiche, qualcuno con cui parlare a cuore aperto. Presa da una amara nostalgia, mi ricordai del gruppetto conosciuto la prima settimana dopo l’intervento. Chiamai quindi una di loro che mi aveva lasciato il suo numero. Il suo nome era Manuela.
“Pronto?”
“Ciao Manuela sono Sonia. Non penso ti ricordi di me. Sono quella che circa una settimana fa ha organizzato un festino nella mia villa.”
“Eccome se mi ricordo di te! Io e le altre ne abbiamo parlato per giorni della tua bellissima festa. Come stai?”
“Bene. Disturbo?”
“Un po’, sono all'università, ma non preoccuparti il professore non ci dice niente.”
“Sicura? Perché se vuoi ti posso chiamare anche dopo...”
“Nono tranquilla. Cosa c’è?”
“Volevo chiederti se oggi pomeriggio eri impegnata, altrimenti potevamo andare insieme al parco e fare due chiacchiere. Sai mi sento un po’ spaesata senza conoscere qualcuno.”
“Oggi pomeriggio? Certo! In realtà con le altre avevamo pensato di andare in palestra, ti va lo stesso?”
“Si, si. Perfetto grazie.”
“Va bene. Ci sentiamo dopo.”
“Ciao buona scuola.”
La mia telefonata si interruppe così.
La mattinata passò rapida, consumai quindi un pranzo integrale e dopodiché mi vestii per la palestra. Manuela mi aveva mandato su WhatsApp l’indirizzo, per cui seguii maps e in 20 minuti arrivai alla palestra. Per fortuna avevo deciso di abbondare con i soldi da prendere, perché scoprii a mie spese il costo ingente di una seduta in palestra. Passai però un bel pomeriggio, assieme a Manuela, Carla e Giorgia. Alla fine della giornata ero talmente in sintonia che di mia iniziativa diedi loro appuntamento ad una prossima volta.
“Alla prossima! Però stavolta venite a casa mia, dove non c’è da stancarsi troppo!”
“Ahahah, va bene! Ciao Sonia!”
Mi incamminai allora da sola per tornare a casa. A metà strada una macchina accostò. Dal finestrino spuntò la faccia di Andrea. “Ehi Sonia, su monta!”
“Ciao amore, mi dai un passaggio?”
“Si se ti sbrighi, altrimenti ti lascio a piedi.” Con un saltino arrivai alla portiera e salii.
“Allora? Come è andata a lavoro?” sembrava più cupo del solito, ma in men che non si dica ritornò gaio e solare come sempre. “Bene, il tuo?” con uno pizzico di vergogna gli raccontai la mia giornata. Anche in quel frangente lui aspettò un po’prima di rispondere senza dare ad intendere se era arrabbiato o meno.
“Ah bé, brava. Era ora che ti inserisci nella società. Sei stata soddisfatta della tua giornata?” Annuii. “Allora ne sono soddisfatto anch'io.”
Con una manovra parcheggiò nel cortile di casa sua. “Eccoci” sospirò “Vai pure prima devo sistemare una cosa in giardino.” Scesi dall'auto ed entrai in casa. Rimasi un po’ interdetta sul da farsi, non mi era mai capitato che si comportasse così. Poi optai sulla seduzione per sciogliere il suo animo cupo. Corsi in camera e mi svestii. Siccome pensavo si trattenesse in giardino per mettere a posto la staccionata di cui me ne aveva parlato il giorno prima, mi feci anche una doccia. Poi rimasi nuda sotto le coperte. Sì intravedevano tre sporgenze che sperai avesse notato anche lui.
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